Studio Legale Vicinitas – Resta Informato
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Immigrazione – Cittadinanza per naturalizzazione
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L’Amministrazione possiede ampia discrezionalità nel valutare le domande di concessione della cittadinanza italiana. Vediamo quali possono essere gli spiragli di tutela per lo straniero.
Lo status di cittadino italiano è una condizione ambita dallo straniero radicato in Italia da molti anni. Non voglio soffermarmi sui benefici che tale condizione può comportare a vantaggio del richiedente, indiscutibili, ma bensì su taluni presupposti e condizioni, ribaditi costantemente dai Giudici amministrativi.
In estrema sostanza, la concessione della cittadinanza è la chiusura di una fase connessa ad una condizione – quella di straniero – e l’apertura di un’altra, caratterizzata dallo status civitatis, ovvero da quell’insieme di doveri e diritti propri del cittadino italiano, richiamati dalla Costituzione italiana.
Quando uno straniero propone istanza per la concessione della cittadinanza, l’Amministrazione è chiamata ad operare una complessiva valutazione circa la “meritevolezza” dello straniero di diventare cittadino italiano, partecipando attivamente alla vita sociale, politica ed economica del paese.
La natura di tale peculiare tipologia di concessione è fortemente discrezionale.
Ciò significa che il Ministero dell’Interno, competente a valutare le domande una volta trasmesse dalle Prefetture, ha ampio margine di valutazione circa fatti e circostanze rilevanti nel connotare tale giudizio di meritevolezza.
Per citare le parole del Consiglio di Stato – richiamate a più riprese dalle sentenze dei vari TAR nel definire procedimenti incardinati da cittadini stranieri richiedenti la cittadinanza – il provvedimento di concessione della cittadinanza “è atto squisitamente discrezionale di “alta amministrazione”, condizionato all’esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno “status illesae dignitatis” (morale e civile) di colui che lo richiede” (Consiglio di Stato, sez. III, 07/01/2022, n. 104).
La legge dispone che può essere concessa la cittadinanza allo straniero legalmente residente da almeno dieci anni nel territorio italiano (cosiddetto “decennio di osservazione”). Proprio sul concetto di “legalità” della permanenza si focalizzano la quasi totalità di decreti di rigetto delle domande ed i relativi ricorsi al TAR da parte degli stranieri richiedenti.
La “legalità” della permanenza si sostanzia nell’assenza di precedenti penali, nella produzione di un reddito minimo, nella condotta di vita e – dulcis in fundo – dalla stabilità della residenza in Italia per un periodo continuativo di almeno dieci anni.
Ognuno degli elementi comprovanti la “legalità” della permanenza, sopra approssimativamente elencati, è oggetto di valutazione da parte del Ministero. Inutile dire che, nella prassi, i dinieghi sono molteplici, come molteplici sono le singole circostanze che – caso per caso – l’Amministrazione pone alla base del diniego. Ora, a fronte di un rigetto, avente come visto carattere tipicamente discrezionale, le deduzioni difensive dell’interessato dovranno puntualmente dimostrare il possesso di quei requisiti che l’Amministrazione ritiene, al contrario, assenti.
Sebbene il carattere del provvedimento sia discrezionale, potendo l’Amministrazione apprezzare liberamente ogni tassello della vita pregressa dello straniero, potrebbe aprirsi uno spiraglio di tutela davanti al Giudice Amministrativo. Le suddette valutazioni, infatti, non sono immuni da vizi. Occorrerà dimostrare, con argomentazioni convincenti e calzanti, che il Ministero ha adottato la propria decisione in maniera approssimativa, superficiale o immotivata. In relazione alla decisione assunta, il Giudice Amministrativo può effettuare un vaglio di legittimità di tipo estrinseco e formale. Ed il significato è presto detto.
Ove lo straniero intenda proporre un ricorso con chances di vittoria il più possibile elevate, dovranno essere rinvenibili vizi della procedura legati a:
- Insufficienza del rapporto istruttorio (ad esempio, produzioni documentali dell’interessato non considerate dall’amministrazione, pur se rilevanti);
- Fatti non veri o travisamento degli stessi (ad esempio, l’Amministrazione fonda il proprio convincimento e la propria decisione su un fatto non veritiero).
Tali mancanze, infatti, daranno vita ad un provvedimento fondato su una motivazione illogica, insufficiente o irragionevole, come tale annullabile dal Tribunale.
È quindi essenziale, per lo straniero che ritenga non giustificato il diniego, valutare attentamente i presupposti per un eventuale ricorso, con la necessaria assistenza di un legale che saprà minuziosamente attribuire il giusto peso ad ogni elemento legato al singolo caso, informando lo straniero. Non possiamo certo pretendere che in tutti i casi l’informazione consenta allo straniero di ottenere la cittadinanza cui aspira, ma se non altro lo rende un po’ più consapevole e libero di scegliere.
Ultimo Aggiornamento: 20 settembre 2023
Autore: Avv. Federico Canonici
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