Studio Legale Vicinitas – Resta Informato
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Concessioni demaniali marittime: rimozione dei chioschi e strutture amovibili
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Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 agosto 2023, n. 8092 (conferma di sentenza TAR Puglia, Lecce, n. 1672/2022)
Concessioni demaniali marittime: il provvedimento che impone la rimozione dei chioschi e delle altre strutture amovibili al termine della stagione estiva deve essere adeguatamente motivato, ove detta rimozione non sia prevista dal provvedimento concessorio e dalla normativa regionale.
Il tema delle concessioni demaniali marittime ultimamente sembra necessitare di particolare attenzione. In successivi articoli tenteremo di focalizzarci sugli aspetti legati alla prassi della loro proroga ad libitum da parte delle amministrazioni comunali, perseguita da tempi immemori ed avallata dal Milleproroghe Meloni, interrotta fermamente di recente da varie pronunce del giudice amministrativo.
Oggi, invece, rifletteremo sulle connessioni tra le concessioni demaniali balneari ed i beni ambientali su cui sorgono. Lidi, dune, spiagge, habitat naturali di indiscusso pregio.
Siamo senz’altro d’accordo sul fatto che un chiosco sulla spiaggia, operante per 4 mesi all’anno con un afflusso mediamente limitato di avventori, non possa essere paragonato al Jova Beach Party. Tuttavia, che poteri ha l’Amministrazione di imporre oneri in capo al privato, già concessionario, relativamente al posizionamento ed alla rimozione delle strutture nel periodo di bassa stagione?
Una società otteneva concessione per il posizionamento di un chiosco di legno in area demaniale in provincia di Lecce, prospiciente al mare. I pareri e nulla osta acquisiti dagli enti pugliesi competenti non presentavano prescrizioni in ordine alla stagionalità della struttura.
Invero, tale mancanza non era frutto di una mera dimenticanza, quanto piuttosto dovuta al disposto di cui all’art. 8, comma 5, L.R. n. 17/2015 secondo cui “ai fini demaniali marittimi, le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno solare”. La norma consente, infatti, il rilascio di titoli abilitativi che non prescrivono la rimozione delle strutture funzionali all’attività al termine della stagione estiva.
In sostanza, secondo la legge regionale pugliese, le strutture di facile amovibilità poste su bene demaniale marittimo possono rimanere lì dove si trovano per tutto l’arco dell’anno, senza essere rimosse al termine della stagione estiva.
Nel caso di specie tale impostazione non è stata condivisa dall’amministrazione comunale la quale, sulla scorta di una nota della Soprintendenza per le province di Brindisi e Lecce, optava per rilasciare un’autorizzazione paesaggistica arricchita da una prescrizione extra: smontare/ rimuovere la struttura al termine della stagione estiva.
La società concessionaria impugnava i provvedimenti innanzi al TAR Lecce. Il Tribunale, efficacemente, prima di pronunciarsi sulla questione decideva di operare un approfondimento istruttorio, demandando all’ARPA Puglia il compito di verificare se, al fine di una miglior salvaguardia dell’ambiente dunale, non fosse più saggio e meno impattante lasciare in ogni caso lì la struttura, evitando le operazioni di smontaggio/montaggio al termine ed al successivo inizio di stagione, che verosimilmente avrebbero potuto arrecare disturbo, se non danno, all’ambiente protetto.
Ed infatti, gli esiti dell’accertamento condotto dall’Agenzia rilevavano come, al fine di una miglior protezione ambientale, fosse senza dubbio preferibile limitare l’impatto dovuto alle operazioni di smontaggio e montaggio, posta peraltro la loro ripetizione anno dopo anno.
Il Tribunale accoglieva il ricorso promosso dal concessionario, annullando i provvedimenti impugnati sulla scorta dell’incoerenza di fondo rilevata tra il provvedimento concessorio e la legge regionale, da una parte, e le determinazioni assunte con gli atti impugnati, dall’altra.
La sentenza veniva appellata dal Ministero della Cultura, eccependo in primis lo sconfinamento del sindacato di legittimità del Tribunale nel merito della decisione amministrativa, di regola ad esclusivo appannaggio dell’ente pubblico. Secondariamente, la difesa ministeriale evidenziava come i provvedimenti che imponevano lo smontaggio del chiosco fossero giustificati dal presunto danno che il mantenimento della struttura poteva arrecare all’habitat naturale.
Nel respingere l’appello del Ministero e confermare la sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato si è focalizzato sugli oneri di motivazione cui gli enti pubblici sono soggetti nell’assumere determinazioni preclusive o limitative della sfera giuridica privata.
Ed infatti, a fronte di una norma regionale che detta la regola, eventuali limitazioni ai contenuti della concessione rappresentano l’eccezione. Una prescrizione ulteriore, non prevista e gravosa per il privato necessita di stringente motivazione, onde poter essere giustificata.
Nel caso di specie, le preminenti ragioni di salvaguardia ambientale sembravano al più essere maggiormente tutelate mantenendo il chiosco lì al proprio posto per tutto l’arco dell’anno, considerata l’assenza di afflusso invernale alla struttura e dunque l’assenza di ulteriore impatto per l’ambiente, impatto che, semmai, sarebbe stato al più arrecato dai lavori periodici di montaggio e smontaggio della struttura. Non risultando adeguatamente motivati in merito ad eventuali diverse ragioni che avrebbero consigliato la rimozione delle strutture, i provvedimenti di Comune e Soprintendenza erano da considerarsi illegittimi, come correttamente rilevato dal TAR in primo grado.
Ultimo Aggiornamento: 13 settembre 2023
Autore: Avv. Federico Canonici
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